SILIQUA
Paese sulcitano, nel sud-ovest della Sardegna, famoso per un antico castello medioevale e un incantevole territorio fatto di acqua, boschi e rocce vulcaniche
Il fascino del suo paesaggio non sfuggì a Salvatore Quasimodo che gli dedicò una lirica. Siliqua, centro di quasi quattromila abitanti del basso Sulcis, dominata dall’alto da un mitico castello, si adagia nella valle del fiume Cixerri, che ne ha segnato nel bene e nel male le vicende storiche. Il suo territorio occupa parte del monte Arcosu, la maggiore riserva WWF in Italia, quasi quattromila ettari di foresta, con un cuore di lecci e sugheri, dove si aggirano cervo sardo e daino. La rigogliosa vegetazione è irrorata da torrenti, che a volte compiono ‘salti’, come nella cascata su Spistiddatroxiu. I sentieri per monte Lattias ti condurranno in ambienti incontaminati, con lembi di leccete primarie, gigantesche querce, tassi e profumati arbusti mediterranei. Vicino sono le celebri fonti di acqua oligominerale di Zinnigas.
Nel centro storico la tradizione agropastrorale è viva nelle case di fango e pietra e nel monte granatico, da visitare come le chiese di san Giorgio e sant’Anna. Il paese, attestato per la prima volta nel 1272, è stato forse popolato dagli abitanti del borgo di Aqua Frigida, sorto attorno al colle vulcanico (dalle cui rocce sgorga una sorgente), sormontato dal castello di Acquafredda. Secondo tradizione, fu costruito dai Donoratico della Gherardesca ‘signori’ del sud-ovest della Sardegna. In effetti, il conte Ugolino dei Donoratico, reso immortale da Dante nel XXIII canto dell’Inferno, ne divenne proprietario nel 1257, ma la fortezza è più antica (inizio XIII secolo). Dopo la morte di Ugolino, la fortezza passò a Pisa, agli aragonesi e poi da un feudatario all’altro fino a essere riscattata dai Savoia (1785). Il castello domina la valle del Cixerri ed è coevo e collegato con i manieri di Gioiasaguardia (Villamassargia), Baratuli (Monastir) e San Michele (Cagliari). Le fortificazioni si articolano su tre livelli: nella parte alta si elevano mastio e abitazione del castellano. Al secondo piano, nella torre di guardia, forse fu rinchiuso Vanni Gubetta, complice dell’arcivescovo Ruggeri (pure lui all’Inferno) nel tradimento di Ugolino. Ai piedi del colle, farai un break passeggiando, tra eucalipti e pini, nel domo andesitico. È la più spettacolare di varie formazioni rocciose di un ambiente unico in Italia, con testimonianze di varie fasi del Paleozoico. I motivi di interesse sono geologici e anche floro-faunistici: ci nidificano poiana e falco grillaio. Le prime tracce umane risalgono al Neolitico: in particolare, sa perda fitta detta su Cuaddu de sa Mongia. Di età nuragica restano vari ruderi e la tomba di Giganti sa Domu e’ s’Orku. A età fenicio-punica risalgono fortezze e accampamenti di Medau Casteddu, mentre a epoca romana resti di un acquedotto e di una necropoli. Evidenti anche i tratti di archeologia industriale, come la miniera dimessa di Campanasissa.